
Dopo il viaggio d’andata di lunedì, l’ETR 463 n.27 ha completato ieri il proprio servizio di ritorno da Ravenna a Roma come Frecciargento 8851, nel pieno rispetto della consueta turnazione che vede il convoglio risalire in Emilia-Romagna la sera e rientrare al mattino nella Capitale.
La corsa si è svolta regolarmente fino a Terni, dove il treno si è presentato alle 9.58 addirittura con due minuti di anticipo rispetto all’orario previsto.
Tutto lasciava presagire un viaggio impeccabile, ma poco dopo, in corrispondenza dell’interconnessione con la Direttissima al 1° Bivio Orte Sud, il convoglio ha accusato un guasto tecnico che ne ha provocato la sosta forzata.
Il treno è rimasto fermo per circa quaranta minuti, ripartendo alle 10.59 con un ritardo di +41, secondo quanto riportato da Viaggiatreno. Nonostante il problema tecnico, l'8851 è riuscito a recuperare parzialmente tempo prezioso lungo la Direttissima, raggiungendo Roma Termini alle 11.33, con un ritardo ridotto a +33.

E adesso?
Secondo indiscrezioni, da prendere naturalmente con cautela, la parabola operativa degli ETR 460/463 sarebbe ormai prossima alla conclusione: se non sarà dicembre, con il cambio d’orario — ipotesi oggi poco probabile —, la radiazione definitiva potrebbe arrivare nei primi mesi del 2026.
Quello di questi giorni è quindi un altro piccolo capitolo, forse l’ultimo, nella lunga storia dei "Pendolino" di seconda generazione.
Il guasto di Orte non è solo un episodio tecnico: è il segno del tempo che passa, del declino inevitabile di una generazione di treni che ha segnato un’epoca. Gli ETR 460/463 hanno portato velocità e comfort sulle linee tradizionali, con quel loro ondeggiare gentile che era sinonimo di modernità.
Ora, con la loro ultima primavera ormai alle spalle, si avviano lentamente verso il viale del tramonto, lasciando dietro di sé il rumore sommesso dei motori e l’eleganza di una rivoluzione iniziata con l'ETR 401 e proseguita con gli ETR 450.
E che oggi - completata dagli ETR 600 - stenta a trovare un nuovo erede.