A oltre sette anni dal tragico deragliamento ferroviario di Pioltello e a circa otto mesi dalla sentenza di primo grado, la Procura di Milano ha deciso di impugnare la sentenza che aveva assolto otto imputati, tra cui i vertici di Rete Ferroviaria Italiana (RFI), e condannato un solo responsabile.

Nel ricorso d’appello, depositato in questi giorni, i magistrati contestano in maniera netta l’impostazione della sentenza emessa lo scorso 25 febbraio, che aveva visto l’assoluzione dell’ex amministratore delegato Maurizio Gentile, dell’ex direttore di Produzione Umberto Lebruto, dell’ex direttore territoriale della Lombardia Vincenzo Macello, nonché della stessa RFI.

L’unico condannato era stato Marco Albanesi, ex responsabile dell’Unità manutentiva di Treviglio, a 5 anni e 3 mesi.

Secondo i pubblici ministeri Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, coordinati dall’aggiunta Tiziana Sicilano, RFI avrebbe mostrato una "sostanziale incapacità", in qualità di gestore dell’infrastruttura ferroviaria, nel garantire le condizioni minime di sicurezza, oltre a una "resistenza strutturale" da parte della società e dei suoi vertici – inclusi gli ex dirigenti assolti – a rivedere criticamente il proprio sistema manutentivo.

Un atteggiamento, questo, che avrebbe compromesso la capacità di intervento in presenza di segnali di pericolo.

Le accuse

Nel ricorso, lungo 92 pagine, la Procura torna a chiedere la condanna per disastro ferroviario colposo e omicidio plurimo colposo non solo per Albanesi, ma anche per Gentile, Lebruto e Macello.

I magistrati chiedono inoltre che venga riconosciuta la responsabilità amministrativa di RFI, ai sensi del Decreto Legislativo 231/2001.

Al centro delle accuse rimane la mancata sostituzione di un giunto in condizioni critiche, situato nel cosiddetto "punto zero" del binario, dove la rottura di un tratto di rotaia lungo 23 centimetri causò, il 25 gennaio 2018, il deragliamento del treno regionale 10452 partito da Cremona e diretto a Milano Porta Garibaldi.

L’incidente provocò la morte di tre persone e oltre 100 feriti, molti dei quali con traumi anche di natura psicologica.

Secondo la Procura, RFI avrebbe tratto un "vantaggio" economico dal mancato intervento manutentivo, risparmiando sulle attività di controllo e sostituzione, nonostante l’evidenza del deterioramento del giunto.

La lettura opposta dei giudici

In primo grado, i giudici della quinta sezione penale del Tribunale di Milano (Canevini, Messina, Papagno) avevano ritenuto non sufficientemente provato, “oltre ogni ragionevole dubbio”, il coinvolgimento diretto dei vertici aziendali nel determinare le carenze del sistema manutentivo.

Per i giudici, infatti, la catena decisionale e le responsabilità aziendali non erano tali da coinvolgere in modo diretto l’allora amministratore delegato.

Una tesi che la Procura contesta punto per punto. I pm evidenziano come proprio la massiccia campagna di assunzioni avviata da RFI dopo l’incidente, richiamata nella sentenza come elemento a favore della società, rappresenti invece – secondo l'accusa – "un inequivocabile riconoscimento" dell’inadeguatezza delle risorse in organico fino a quel momento.

Profili sistemici e politiche aziendali

Nel mirino del ricorso anche i cosiddetti “profili organizzativi sistemici”. Per i magistrati, gli addebiti nei confronti di Gentile vanno ben oltre il singolo giunto non sostituito: riguardano l’intera politica aziendale in materia di sicurezza, l’organizzazione interna della manutenzione e la definizione delle linee strategiche di gestione dell’infrastruttura ferroviaria.

La Procura ha scelto, in sede di appello, di non insistere solo su Albanesi, per cui viene comunque chiesto il riconoscimento dell’aggravante legata alla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni, ma intende riportare sotto accusa l’intera catena dirigenziale, esclusa dal verdetto di primo grado.

Un processo che si annuncia ancora lungo e complesso, e che riapre la riflessione – anche nel settore ferroviario – sul delicato equilibrio tra risparmio gestionale, responsabilità dirigenziale e garanzia della sicurezza dell’infrastruttura.