Per vedere finalmente l’avvio del processo sul deragliamento del treno a Carnate, bisognerà attendere almeno metà novembre.
A cinque anni dall’incidente, e dopo due rinvii consecutivi che hanno comportato un ritardo complessivo di 16 mesi, il procedimento sembra proseguire più spedito lungo i binari della prescrizione che su quelli della giustizia.
Il dibattimento, in corso presso il Tribunale di Monza, vede imputati per disastro colposo e lesioni personali colpose il capotreno, il macchinista e due tecnici addetti alla manutenzione. A loro si aggiungono due dirigenti, accusati invece di tentato depistaggio e frode processuale.
Il primo rinvio, di nove mesi, era stato causato da uno sciopero degli avvocati; il secondo, di altri sette mesi, è dovuto al prossimo cambio del collegio giudicante, visto che uno dei tre magistrati lascerà Monza dopo l’estate. Per questa ragione, l'inizio delle testimonianze è stato ulteriormente posticipato, ma solo in autunno inoltrato si potrà entrare nel vivo del processo.
L'incidente risale al 19 agosto 2020: quel giorno il treno regionale Trenord 10767, partito da Milano Porta Garibaldi e diretto a Paderno Robbiate, era giunto a destinazione quando, rimasto incustodito, si era inspiegabilmente rimesso in moto.
Da quel momento, e senza personale a bordo, aveva percorso alcuni chilometri fino a deragliare nei pressi della stazione di Carnate. Il convoglio, ribattezzato dai media “il treno fantasma”, era partito mentre gli addetti erano andati a prendere un caffè al bar.
Fortunatamente il bilancio umano fu contenuto: un solo ferito lieve, un cittadino marocchino di 50 anni che, addormentatosi sul treno, riportò lesioni con una prognosi di 40 giorni. L’uomo si era costituito parte civile, ma è poi deceduto per cause indipendenti dall’incidente. I suoi eredi, risarciti nel frattempo, sono usciti dal processo.
Quella vicenda giudiziaria è stata rallentata da molteplici fattori: non solo i problemi di composizione del tribunale e lo sciopero, ma anche la scarsità di periti esperti in disastri ferroviari. Il pool incaricato dalla Procura, infatti, è uno dei pochi attivi a livello nazionale, impegnato in altri procedimenti e costretto a richiedere proroghe multiple. A tutto ciò si sono aggiunte le complicazioni legate all’emergenza Covid.
Secondo l'accusa, il treno fu lasciato incustodito e senza il freno di stazionamento inserito. Un’anomalia tecnica avrebbe poi innescato la ripartenza autonoma del convoglio, circostanza che la squadra di manutenzione non avrebbe rilevato. Le indagini hanno inoltre ipotizzato che, in un secondo momento, alcuni dirigenti Trenord abbiano cercato di rimuovere componenti sospetti dal relitto, nel tentativo di ostacolare l’accertamento della verità.
Tutte le accuse sono state respinte dagli imputati, che si dichiarano estranei ai fatti e pronti a dimostrarlo in aula.
Fonte Il Giorno