È proseguito ieri, nel tribunale di Lodi, il processo sul disastro del Frecciarossa deragliato il 6 febbraio 2020 nei pressi di Livraga, dove persero la vita i due macchinisti e altre 31 persone - 28 passeggeri e 3 membri del personale di bordo - rimasero ferite.
Cinque gli imputati sotto accusa per disastro ferroviario colposo e duplice omicidio colposo: un dirigente di Rfi e quattro tra manager, tecnici e operai di Alstom Ferroviaria, la società che fornì a Rete Ferroviaria l’attuatore dai cavi invertiti, montato poche ore prima dell’incidente sul deviatoio 5. Un errore fatale sfuggito ai controlli.
Nell’udienza di ieri, sono stati ascoltati due ingegneri di Rfi, chiamati a spiegare le modalità ordinarie degli interventi di manutenzione.
"Le riparazioni avvengono in assenza di circolazione ferroviaria" ha chiarito il primo testimone, ex responsabile della sicurezza della rete. Lo stesso ha aggiunto che la direzione tecnica di Rfi già da tempo "avrebbe cercato di introdurre soluzioni alle criticità riscontrate nella comunicazione tra l’organo regolatore della circolazione e gli addetti alla manutenzione (ad esempio con una maggior sensibilizzazione degli operatori stessi). In assenza però di prototipi omologati a livello europeo non si era potuto procedere".
A prendere la parola è stato poi il secondo ingegnere, che all’epoca dell’incidente curava la formazione del personale operativo. Ha precisato che i due manutentori impegnati sui binari di Livraga "erano in pieno possesso dell’abilitazione e avevano patenti diverse che li abilitavano a svolgere diversi ruoli".
Il procedimento riprenderà il 13 maggio.
Fonte Il Giorno